Gianni Puglisi: ‘Orlando, Musumeci e gli scappati di casa’

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Intervista all’accademico e banchiere sul futuro della città che “è all’anno zero”

PALERMO – Alla voce Giovanni Antonino Puglisi, detto Gianni, nato a Caltanissetta, l’enciclopedia Treccani riporta: “Accademico e banchiere italiano, già Rettore dell’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano, attuale Rettore dell’Università degli Studi di Enna “Kore”, nonché presidente della CRIU (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane), presidente emerito della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco, presidente della Società Siciliana per la Storia Patria, e tanto, tanto altro ancora.

Tutto ai massimi livelli per un recordman da guinness dei primati che è anche Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, la massima onorificenza di solito riservata ai capi di Stato.

Professore Puglisi Siamo alla vigilia delle elezioni amministrative a Palermo, la politica è nel caos sia a destra che a sinistra a causa di conflitti interni nei partiti e nei movimenti.
La città è in evidente difficoltà.
Lei che è anche cittadino onorario di Palermo, vede la possibilità di rinascita per questa comunità?

“La città non merita questo pezzo di storia che sta vivendo, credo che Palermo sia all’anno zero.
Mi sono ripromesso, e intendo mantenere la condizione che ho posto a me stesso, di non parlare nei limiti del possibile di Palermo sino a quando alla sua guida ci sarà il professore Orlando.
Prescindo dal rapporto cinquantennale e personale con Luca, prescindo dai giudizi di valore politico e voglio mantenere due o tre cose.
Primo: Orlando è una persona colta, conosce i valori della cultura e se Palermo è riuscita – in quel tempo ero presidente Unesco Italia – a gestire l’iscrizione nell’Unesco, processo complesso, lo deve alla sua intelligenza e sensibilità culturale.
Secondo: il professore Orlando è una persona onesta, non esce dal palazzo con ricchezze, forse piuttosto con qualche debito, e questo fa la differenza, anche se non basta.
Terzo: Orlando ha commesso solo un errore, quello di non avere avuto la lucidità e il coraggio di capire quando è il momento di lasciare”.

Ne avete parlato?
“Mi son permesso anche di dirlo con queste parole: ‘Hai fatto Palermo cristiana, oggi non meriti quello che ti stanno facendo, lascia’.
Quello che sta accadendo al comune di Palermo è un tiro al piccione ignobile, e parlo di tutti.
Da questa vicenda se qualcuno dei signori che aspettano che Orlando si tiri fuori per arrivare al suo posto, non hanno capito nulla, perché più loro giocano al tiro al bersaglio più uccidono la città, se c’è ancora qualcosa di vivo.
Abbiamo un fiorire di candidature che sono ispirate dalla ricerca di una posizione di potere, ma occorre ricordare che la sindacatura è anche di uno status moralmente impegnativo”.

In passato Silvio Berlusconi le ha proposto la candidatura a sindaco, lei non ha accettato.
Oggi lo farebbe?

“Tanti anni fa mi fu offerta un’ipotesi di sindacatura ma non volevo lasciare l’Università che è sempre stata la mia vita.
Dissi di no ai ponti d’oro che mi venivano offerti.
Oggi vedendo Palermo, non posso accettare che non si trovino le risorse e gli spazi per seppellire i morti, al tempo stesso credo che il Orlando in questa partita non abbia tutte le responsabilità, anche perché ne conosco la sensibilità personale.
Le guerre al sindaco non si fanno sulle casse da morto.
Posso comprendere sui contributi al teatro Massimo e al Biondo, sulla viabilità.
Lo ritengo un atto ignobile, questa è una città che dal punto di vista morale purtroppo corre il rischio di autodefinirsi come una città immorale”.

In fondo il cinismo è la via intrapresa da una certa politica.

“Mah, credo che la politica sia una cosa seria, questo è solo desiderio di potere.
Da questa massa di aspiranti principi non ho sentito proporre alcun progetto politico forte per una città che è la capitale del Mediterraneo, da me definita capitale senza tempo, dall’antichità sino a ora, nel bene e nel male.
È l’unica città al mondo dove la mafia, è riuscita a uccidere e decapitare tutti i vertici delle istituzioni, dal capo della Procura al rappresentante del governo, dal presidente della Regione al capo della squadra mobile, dal Giudice istruttore al Procuratore della Repubblica.
Un primato tristissimo.
Per fortuna alcune cose sono cambiate ma è accaduto sul sangue dei suoi eroi.
Palermo è una città martire e questo grida vendetta al cospetto di Dio, davanti a questa massa di arrampicatori di piazza Pretoria.
Non ho nessun diritto e nessuna autorevolezza per giudicare, però, da cittadino seppur onorario di questa città, credo di poter ricordare quanto affermato dal cardinale Pappalardo davanti alle salme di Falcone e Borsellino: Povera Palermo.”

Speriamo che la città abbia un sussulto d’orgoglio.

“Segnali ne ho visti pochi”.

Tornando a Orlando, è stato mal consigliato?
“Luca ha un senso del dovere e dell’impegno molto alto ed è ciò che lo condizionerà sino alla fine.
Un giorno mi disse: ‘Se salvo il Comune salvo tutti’.
Ed è vero, però purtroppo è ancora lì che battaglia.
Mi auguro che abbia ragione lui”.

Abbiamo accennato alla Palermo arabo-normanna e all’itinerario Unesco.
L’economia della Sicilia è rappresentata dal turismo e dalla cultura.
A Noto la ricchezza generata dall’essere entrati nella World Heritage List ha comportato una svolta risolutiva.
Cosa è stato fatto a Palermo, cosa si può migliorare?”

“Il Comune è stato uno degli enti che più ha impegnato risorse per la valorizzazione dei siti del circuito arabo-normanno.
Avevo promosso tanti anni fa una fondazione Patrimonio Unesco Sicilia che è ancora in piedi anche se la Regione che avrebbe dovuto supportarla non ha mai fatto nulla.
La fondazione è lì che galleggia, tanto è vero che a breve la metterò in liquidazione perché così non ha senso di esistere.
L’unica realtà che ha consentito alla fondazione una sopravvivenza di ordinaria amministrazione è stata il Comune di Palermo e in parte anche l’Assemblea regionale, segnatamente la Federico II affidando alla fondazione la redazione del dossier di candidatura e del piano di gestione del sito Unesco ‘Palermo Arabo Normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale’.
Palermo è fortunata perché l’Unesco esige che i siti della World Heritage Listsiano valorizzati con una manutenzione ordinaria e straordinaria permanente, e noi non mi pare che facciamo molto.
Ricordo il problema delle Eolie poi superato, persino Venezia ebbe un richiamo, e il caso clamoroso della città di Dresda che è ricorsa a un referendum per scegliere tra il negativo impatto ambientale sul sito, derivante dalla costruzione di un grande ponte che avrebbe attraversato l’ansa del fiume favorendo una mobilità più adeguata ai suoi cittadini.
Ha vinto il ponte, i tedeschi hanno rinunciato al‘ bollino’ Unesco.
Una decisione grave ma responsabile, basata su una scelta ponderata.
Noi invece non scegliamo mai, siamo un poco baloccanti.
Quindi se mi chiede se è stato fatto qualcosa le rispondo che si può fare di più.
Penso che la Sicilia tutta, Unesco o meno, potrebbe sviluppare un’economia fiorente puntando sul turismo culturale”.

Crede che la Sicilia riuscirà a cogliere l’opportunità offerta dal PNRR?
“Si presenta un’occasione unica, dovremmo avere quella visione strategica di cui si parlava perché il Pnrr non è solo ricevere il finanziamento, che in gran parte dobbiamo restituire, ma significa rispettare i tempi di realizzazione dei prodotti e delle opere.
Il rischio è quello di creare un deserto delle incompiute, perché sappiamo bene come sono di norma gestiti gli appalti, i ricorsi, la magistratura che deve esaminare i ricorsi, le infiltrazioni mafiose… Questo rende tutto più difficile e qui la politica dovrebbe essere in primo luogo visione, poi programmazione e programma, attuazione e controllo.
Purtroppo non vedo questo tipo d’impostazione”.

In base a quanto detto, il sindaco Orlando una visione l’ha avuta.
Si può dire altrettanto del presidente Musumeci?

“Musumeci è una persona onesta.
Per quanto riguarda la visione originariamente l’ha avuta: una delle cose che mi hanno fatto un’impressione favorevole è il nome che ha dato al suo movimento, “Diventerà Bellissima”, questa espressione denota la capacità di aver colto come il valore aggiunto della Sicilia sia la bellezza.
Nella tradizione classica la bellezza non era solo un valore estetico, era anche un valore morale.
I greci avevano un’espressione molto bella che era kalokagathia,la bellezza e la bontà insieme, cioè se è bello non può essere cattivo.
La visione di Musumeci è qui, realizzare un’isola bellissima, mettere in piedi una strategia politica per trasformare quello che è avanti a te in quello che diceva il viandante di Goethe: fermati attimo sei bello.
Significa che devi costruire coscienze adeguate per rendere bello il non bello, quindi risorse, strategie politiche, priorità.
E lì comincia a cadere l’asino perché vengono fuori i franchi tiratori, le maggioranze ballerine, chi vuole e chi pretende”.

C’è un problema di selezione della classe dirigente.

“Sì, della classe dirigente, non solo della classe politica.
Non basta prendere voti per saper governare, il governo è cosa diversa dalla visione attuativa delle strategie di governo.
Oggi purtroppo c’è, e lo abbiamo visto alle ultime elezioni politiche ma non solo, una tendenza a conquistare il consenso gridando.
Il risultato è che abbiamo il Parlamento pieno di ‘scappati di casa’.
Ci sarà da ridere con le prossime elezioni, Senato e Camera che si riducono di più di trecento seggi, assisteremo a una saga impareggiabile di corsa alla pagnotta.
Ma la politica non ha bisogno di questi corridori, ha bisogno di persone responsabili che mettano, l’intelligenza, la cultura e l’impegno morale al servizio della comunità com’era un tempo con i collegi uninominali, per cui me la prendo con la politica ma il problema siamo noi che li votiamo.
Manca un’educazione civica alla responsabilità e all’amore per la propria terra e per la propria città.
Un candidato va scelto considerando i progetti, i programmi e la persona.
Chi non sa mettere insieme soggetto, predicato e complemento, non può andare a fare il governo di una città, di una Regione di un Paese”.

Come considera la squadra di Musumeci?
“Nel campo della sanità con Ruggero Razza ha trovato un politico che non è un medico ma un avvocato con una forte capacità decisionista nel portare avanti progetti ispirati a programmi.
Posso testimoniarlo avendo messo in piedi a Enna la facoltà di Medicina.
Se non avessi avuto una Regione attenta, disponibile e tempestiva, non ce l’avrei potuta fare in un tempo così rapido.
Esiste la progettualità, esistono strumenti straordinari, per cui abbiamo con noi da pochi giorni, il più importante ginecologo italiano, che ha fatto il primo trapianto dell’utero, il catanese Paolo Scollo.
Grazie a un accordo straordinario siamo riusciti a fare una convenzione per cui il reparto di Ostetricia e ginecologia del Cannizzaro di Catania è diventato reparto distaccato della facoltà di medicina di Enna, incredibilmente realizzato in Sicilia”.

Valutazione positiva su Razza anche nella gestione della pandemia?
“Devo dire che Razza non sarà San Giovanni decollato però mi chiedo quale è stata la gestione Covid che merita la medaglia di primo della classe.
Non sono il suo avvocato difensore ma la storia famosa dei numeri spalmati non regge.
Ogni sera in tv spuntavano una serie di dati con un asterisco che comprendevano i numeri dei giorni precedenti, quindi perché criticare solo lui? Forse dipende dal fatto, e io lo capisco perché sono come lui che per una battuta mi gioco un regno, che quella battuta poteva essere evitata, ma non si può costruire un caso su una cosa del genere.
Lo dico da osservatore, non è che la Sicilia è stata gestita peggio di altre regioni, pensiamo a cosa ha fatto la Lombardia considerata migliore sanità d’Italia”.

Panormus città tutto porto, per anni il mare non si è visto, poi i lavori al Foro italico hanno dato il via a una riqualificazione urbana.
Oggi l’Autorità Portuale sta contribuendo alla crescita di quella parte di città aperta.

“È certo che il rapporto tra Palermo e il mare va conservato e tutelato.
Ma la città non è solo mare, è anche la Conca d’oro che ormai non c’è più, quella parte che va dalla fine di Corso Calatafimi fino alle colline sovrastanti di Monreale, San Martino, Baida, che sono un polmone naturale di Palermo uccisa dal cemento.
Occorre una politica integrata per valorizzare di più il verde dentro la città”.

Quindi no munnizza ma parchi.

“Palermo è molto verdecon tante oasi nel centro cittadino che forse si conoscono poco.
Perciò apertura verso mare, verde urbano e inoltre credo sarebbe utile creare una rete di valorizzazione dei beni storico-artistici.
Gli stessi beni dell’Unesco andrebbero progressivamente recuperati.
Infine, l’annosa questione dell’igiene.
Palermo è una città dove l’immondizia è a cielo aperto, questo è anche un problema di maleducazione del palermitano.
Un problema di costume”.

Siamo nel suo ufficio da presidente emerito a Palazzo Branciforte, questo luogo testimonia che lei è stato un costruttore di cultura per questa città.
Palermo ha vissuto un momento importante per l’architettura, il restauro, la riqualificazione del quartiere.

“Ho fatto quello che mi piaceva fare e che ho ritenuto utile per questa città.
Palazzo Lampedusa è stato recuperato subito dopo, prima era un rudere.
Quando Gae Aulenti venne qui per il progetto disse di non aver mai visto uno scempio del genere nella sua vita.
Branciforte era un rudere, oggi è un centro culturale.
Non è stato facile da tutti i punti di vista ma io sono ‘de coccio’ e questo è il risultato.
Ricordo ancora il giorno in cui il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, venne a inaugurarlo.
Questo significa che nonostante tutto a Palermo le cose si possono fare”.

Che sindaco serve ora a Palermo.

“Una persona anche se capace da sola non va da nessuna parte, occorre il reticolo.
Qui, se oltre alla Aulenti non avessi avuto Adele Mormino, la sovrintendente, che era anche consigliere nel Cda della Fondazione, il professore Vitaliani, strutturista di Veneziase non avessi avuto una serie di soggetti validi non avrei potuto realizzare palazzo Branciforte.
Io ho il merito di aver comprato l’edificio con un blitz fra il 31 dicembre e l’1 gennaio, acquistato in corner quando Capitalia stava per passare a Capitalia Leasing e avrebbe trasformato il palazzo in un albergo come accaduto in piazza Borsa.
Nel giro di quarantotto ore ho fatto l’atto d’acquisto e gliel’ho soffiato sotto il naso.
Morale della favola occorre che il sindaco di Palermo abbia visione, determinazione e una squadra valida.
E Palermo può diventare la prima città del mondo”.

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